Al via le rassegne dedicate ai grandi autori dimenticati, registi che incarnano poetiche e culture lontane tra loro, eppure capaci di rendersi universali. Dalla passione di Anatole Litvak per i giochi d’identità e gli scambi di ruolo, di cui sono espressione l’insolito gangster movie The Amazing Dr. Clitterhouse e l’intenso Anastasia, con una Ingrid Bergman da Oscar, al cinema umanissimo e intriso di tensioni sociali di Pietro Germi, che con il suo Gioventù perduta, tra neorealismo e cinema di genere ‘all’americana’, riuscì a compattare un fronte trasversale contro la censura. E ancora, Kozaburo Yoshimura, autore di alcuni dei drammi più avvincenti del Giappone postbellico: come lo scottante Itsuwareru seiso, che esplora il conflitto tra vecchio e nuovo attraverso le vicissitudini di due sorelle. Anche la rassegna dedicata al cinema di Cento anni fa si apre all’insegna di maestri del calibro di Abel Gance, Dziga Vertov e Fernand Léger.
Marlene Dietrich è uno dei simboli di questa edizione del festival, protagonista di una rassegna che indaga le molte sfumature del suo status divistico: in Café Electric, al primo ruolo importante, è già dotata di un carisma fuori dal comune. Chissà se Marlene avrebbe apprezzato accanto a lei una figura così diversa come Delphine Seyrig. “Madame Tabard non è una donna, è un’apparizione” afferma Jean-Pierre Léaud in Baisers volés riferendosi a Seyrig, che da icona glamour del cinema d’autore volle diventare interprete per registe come Duras, Akerman e de Kermadec e cineasta femminista. Lo splendido dramma En natt apre l’omaggio a Gustaf Molander: ha scoperto la Garbo, diretto Ingrid Bergman in sei film e lavorato con Harriet Andersson prima di Monica e il desiderio, guadagnandosi, in una prodigiosa carriera tra muto e sonoro, il titolo di ‘regista di attrici’.
Come le imprevedibili variazioni jazz di Duke Elligton, al centro di un ricco programma di cortometraggi, la sezione Ritrovati e Restaurati di quest’anno è più che mai un concerto polifonico. Si apre con un assolo sul desiderio come Lady for a Night di Jason Leigh, in cui una giovane donna sogna l’ingresso in società; gli fa eco Man Woman and Sin di Monta Bell, dove la sessualità fa irruzione nella vita di un ragazzo cambiandogli la vita. Con Man Trouble di Berthold Viertel si assaporano i toni di un gangster movie a tinte cupe che diventano di graffiante tensione nel thriller di Rober Wise The Body Snatcher. L’esuberanza fuori dagli schemi di questa curiosa sinfonia risuona in Phase IV di Saul Bass e nello psichedelico Tokyo Nagaremono di Seijun Suzuki.
Siete pronti a viaggiare indietro nel tempo e a ogni latitudine? Partiamo dai territori del Cinemalibero, che ci conduce nelle Filippine: in Bona Lino Brocka denuncia la drammatica condizione di sottomissione vissuta dalle donne nel suo paese. Gli USA fanno da sfondo a Film Is Dead. Long Live Film!: questo vivido omaggio alla figura del collezionista privato di film apre i Documenti e documentari dedicati al cinema insieme a Parajanov, the Last Spring, commovente ritratto del regista armeno – ma dall’animo cosmopolita – protagonista di una sezione del festival. Dopo aver percorso tanti chilometri, facciamo un salto all’indietro fino al 1923 di Lucretia Lombard, perla del muto firmata da Jack Conway, prima tappa della nostra esplorazione dell’uso del colore nel cinema a passo ridotto.
Torna Wim Wenders torna al Cinema Ritrovato, protagonista di numerosi appuntamenti. Il 22 giugno incontrerà il pubblico per l’anteprima mondiale del restauro del suo Die Gebrüder Skladanowsky, dove mette in scena la nascita del cinema tedesco muovendosi con delicatezza tra realtà e finzione. Il film sarà musicato dal vivo dall’autore della colonna sonora, Laurent Petitgand. La sera, in coppia con un altro grande regista cinefilo, Alexander Payne, presenterà in piazza Maggiore The Searchers di John Ford nel nuovo maestoso restauro in 70mm. Ma non finisce qui: nei giorni a seguire Wenders sarà con noi per introdurre film suoi (Paris, Texas e Buena Vista Social Club) e di cineasti che ne hanno segnato profondamente lo stile (Devil’s Doorway di Anthony Mann e Umarete wa mita keredo… di Yasujiro Ozu) e per parlarci del suo cinema in un’imperdibile lezione al MAST.



