Takumi è un “tuttofare” che vive con la figlioletta Hana in un piccolo paese del Giappone, lontano dal caos e dalla frenesia quotidiana delle grandi città. La casa dove abita è collocata all’interno del bosco e i ritmi della sua vita vengono scanditi dalla convivenza con la natura circostante (tagliare la legna, aiutare gli amici nell’approvvigionarsi all’acqua di una fonte, individuare le impronte lasciate dagli animali ed educare la figlia nel riconoscimento delle varie specie arboree). Finché un giorno non arriveranno da Tokyo i rappresentanti di un’azienda che vorrebbe costruire un glamping (campeggio di lusso) nel bosco.
Fino a un certo punto il film parrebbe il preludio a una di quelle trame in cui una multinazionale inquinante vorrebbe depredare e speculare ai danni dell’ambiente e degli abitanti di una piccola località, ma capiremo ben presto che siamo davvero in Giappone e qualche remora scaturirà perfino nei promotori del progetto. E tra inchini e continui ringraziamenti il film fila liscio e non decolla mai.
Aspettiamo trepidanti il male del titolo e l’incertezza del finale perplime parecchio, lasciando allo spettatore un’ampia gamma di congetture e significati (forse troppi). Si resta perplessi dal titolo e da una probabile doppia stortura nella traduzione: dal giapponese all’inglese e dall’inglese all’italiano. Sappiamo che l’ideogramma è un simbolo grafico che non rappresenta un valore fonetico ma un’immagine o un’idea, difficile da tradurre pedissequamente in fonemi che diventeranno parole per il mondo occidentale.
È inoltre possibile che a distanza di soli tre anni dall’uscita del film iraniano “Il male non esiste” un altro film, ma questa volta giapponese, venga tradotto allo stesso modo?
Leone d’argento – Gran premio della giuria alla Mostra del cinema di Venezia nel 2023. Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI.



