Due giovani senegalesi di 16 anni, i cugini Seydou e Moussa, decidono di intraprendere il lungo viaggio che da Dakar li porterà a sbarcare sulle coste siciliane dell’Italia; inseguendo un sogno di speranza e felicità tra infiniti deserti, prigioni libiche, torture e umiliazioni.
De Grandis su “Il Gazzettino” richiama i termini della fabula per il film di Garrone. In effetti il regista romano non graffia, non punge, non scava… ma forse non gli interessava, peccato. Al di là della storia in sé, il film pare molto patinato e pulito con la stessa fotografia, qualità altissima (quasi da villaggio vacanze), che stride con il narrato. Avremmo voluto un film forse un po’ più sporco e crudo, forse più vero, vengono omessi certi tipi di violenze per mostrarne altre in brevi scene, quasi come un cammeo forzato. Come se il regista avesse posto un filtro all’obiettivo per soddisfare e strizzare l’occhio a un pubblico più ampio.
Il film è un viaggio, la narrazione del sogno di due ragazzi, la volontà di inseguire il proprio traguardo nonostante le avversità che la vita gli ha posto di fronte. Ma anche un film sull’amicizia e sugli umani sentimenti. Condivido, come De Grandis, la logica dell’happy end forzato (“O capitano, mio capitano” alla Whitman, aggiungo) visto che sappiamo che l’Italia diverrà solamente un’ulteriore tappa verso una salvezza altrove promessa e più nordica. Leone d’argento – Premio speciale per la regia a Matteo Garrone, Premio Marcello Mastroianni a Seydou Sarr (2023).
Sull’argomento consiglio la visione dei documentari “COME UN UOMO SULLA TERRA” di Andrea Segre (2008), “HUMAN FLOW” di Ai Weiwei (2017) e il film “L’ORDINE DELLE COSE” sempre di Segre (2017).
“Matteo Garrone sembra bloccato da un eccesso di pudore” Sentieri Selvaggi. “Un film ingenuo che racconta con discreta semplificazione…” il Sussidiario.
Attendo contumelie vista la palese intoccabilità di Garrone. A parte tutto, ritengo il film tra i favoriti per la corsa all’Oscar come “Miglior film straniero”.



