Liberamente tratto dal libro “Andrea. Oltre il pantalone rosa” di Teresa Manes (la madre), il film narra la vicenda di cronaca dell’adolescente Andrea Spezzacatena, studente romano vessato dai bulli all’interno del plesso scolastico (prima alle scuole Medie, poi alle Superiori).
Andrea è un bravo ragazzo, miglior studente a scuola, ma sente, dentro di sé, un malessere. In una fase della propria vita così delicata (i primi sentimenti, le prime delusioni, le speranze…), viene preso di mira da quello che ritiene, o almeno vorrebbe che lo fosse, il suo migliore amico, con atti di bullismo che si fanno, nel corso di diversi anni scolastici, via via più pesanti. Nonostante tutto Andrea cade e si rialza, cade e si rialza… fino ad una tragica conclusione nota alle cronache nazionali (2012).
Introdotto dalla regista Margherita Ferri, il film vuole esplicitamente raccontare la vita di Andrea e non la sua morte come qualcuno, tra gli spettatori di sala, vorrebbe in una sorta di drammatizzazione che non è il messaggio della narrazione.
Per quanto Andrea avesse tenuto tutto dentro di sé, le figure genitoriali ne escono impotenti, incoscienti, superficiali (la madre riuscirà a scoprire molte cose dell’intera vicenda soltanto successivamente, rielaborandole attraverso la stesura del libro), per non parlare degli insegnanti con la loro ingombrante e fragorosa assenza.
Benché il forte carico emozionale, consapevoli del finale a cui il protagonista andrà incontro, il film scorre con leggerezza e non accusa, né strappi né intoppi, secondo un corso lineare della trama (potrebbe essere un limite, potrebbe…). Forse un film scolastico, la regista è al suo secondo lungometraggio, per un pubblico di scuola. Nell’ottobre 2024, nel corso della proiezione del film, alcuni studenti romani hanno reagito con fischi e offese omofobe nei confronti del protagonista, interpretato da Samuele Carrino. Manes: “Mio figlio non c’è più, ma l’omofobia sì”.



