Rio de Janeiro, 1971. L’ingegnere brasiliano Rubens Paiva, scopriremo più tardi essere stato un deputato, vive tranquillamente la propria routine assieme alla sua famiglia, la moglie Eunice Facciolla, e i cinque figli. Una famiglia economicamente agiata e intellettualmente impegnata, attorniata da numerosi amici abituati a ritrovarsi e festeggiare in casa Parva. Da contraltare il clima cupo che si muove intorno all’abitazione, soldati presidiano la città e numerosi sono i sequestri di diplomatici da parte di forze rivoluzionarie invise al regime. Un giorno l’ex deputato viene convocato in una caserma per un interrogatorio… ma non farà più ritorno.

Il film del regista brasiliano Walter Selles (“Central do Brasil” 1998, “I diari della motocicletta” 2004) non pone un inquadramento storico sulla vicenda, né un palese “Jaccuse” nei confronti di quel periodo buio, ma si sofferma sulle dinamiche familiari di chi ha avuto un proprio caro desaparecido (lo so, il termine venne utilizzato solo nel 1973 dopo il golpe cileno e successivamente con le sparizioni in Argentina).

Passando per blocchi temporali, il 1996 e il 2014, Selles pone l’attenzione su un rimosso con cui il Brasile non ha mai fatto i conti (tutti assolti), oltre alla tenacia di una generazione resiliente (incarnata da Fernanda Torres) che si è sacrificata per il futuro di quelle successive.

Film lungo, 137 minuti, ma non appesantisce la visione (forse un po’ nel finale) anzi, tiene incollato lo spettatore in un perenne stato emotivo di commozione.

Tratto dal libro omonimo di Marcelo Rubens Paiva, celebre scrittore brasiliano, amico d’infanzia del regista e figlio di Rubens Paiva.

Golden Globe 2025 per la protagonista (miglior attrice in un film drammatico) e vincitore, abbastanza a sorpresa e senza i favori del pronostico, dell’Oscar come miglior film internazionale.

Di rilievo la ricostruzione d’ambiente, unitamente ad una fotografia in grado di ricreare le tinte e la pastosità degli anni ’70.

Classificazione: 4 su 5.

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